Eccomi, eccoci. Non é da tutti
vivere uno sciopero lungo venti giorni. Aprire la porta dell'ufficio e piangere
a causa dei lacrimogeni lanciati dalla polizia. Tranquillizzare mamme e bambini
vittime della violenza indiscriminata della polizia. Non é da tutti ascoltare
dalla propria finestra, tutti i giorni, i cori che si sollevano da marce
spontanee. Sentire la pelle
d'oca all'ennesimo "El pueblo unido jamas será vencido". Osservare
le donne che senza pausa (e senza paura) cucinano pentolone di cibo per tutti i
manifestanti. Non é da tutti ascoltare i discorsi di chi non si vuole arrendere
e di chi invece si é giá arreso al potere del denaro. Sentire gli elicotteri
che continuamente sorvolano e osservano dall'alto la cittá. Vedere la polizia percorrere le strade della cittá su pick-up privati
intimidendo gente comune. Non é da tutti
e non é nemmeno facile raccontarlo.
Certo, immagini familiari, immagini che
siamo abituati a vedere, a vivere. In Europa, in Italia, nelle valli. Ma non é
mai facile raccontarle. Come raccontare un popolo che lotta per l'ambiente, per
la propria stessa sopravvivenza dignitosa e che é accusato di terrorismo? Come
raccontare che i terroristi sono proprio coloro che dovrebbero proteggere il
popolo? Come raccontare se nessuno ti dà voce? Perché é questo che sta
accadendo. Il popolo grida, grida forte, grida da venti giorni, anzi grida da
mesi, anni. E nessuno ascolta. Il governo fa il sordo e la stampa aiuta a
soffocare le grida che si sollevano da Cajamarca. Ora, dopo quasi venti giorni,
la protesta é quasi senza voce, afona, stremata. Ma qui non ci si arrende. Non ancora.
E se alla fine i piú forti, ovvero i piú ricchi, vinceranno, la storia dará
ragione ai cajamarquini. E sará una storia amara, fatta di inquinamento, di
lagune prosciugate, di morte. Perché é facile capire che chi approfitterá dei
"benefici" della miniera sono coloro che sfrutteranno le risorse,
intascheranno i soldi e poi abbandoneranno Cajamarca. É facile smascherare le
bugie di chi dice che la miniera porterá benefici sociali soprattutto ai
campesinos. Sono venti anni che le imprese minerarie sfruttano le risorse della
regione e attualmente Cajamarca é agli ultimi posti nei ranking di sviluppo
sociale del Perú (alto tasso di denutrizione infantile, numerose morti materne
per parto, scarso livello di istruzione...). Dunque l'equazione "miniera =
piú ricchezza = progresso sociale " tanto sbandierata dai "pro
Conga" é assolutamente smentita dalla semplice osservazione dei fatti.
Spero almeno che la smettano di
prendere in giro un popolo intero. Che almeno ammettano che non si sta parlando
di sviluppo sociale, di benessere comune, di "fare del bene alla nazione
peruviana" ma di biechi interessi economici.
Sono contadini ma non sono stupidi, anzi. Sono stati giá traditi una volta dal
presidente Ollanta Humala, il gran trasformatore, che per farsi eleggere
indossó in campagna elettorale il poncho e il cappello cajamarquino e giuró che
avrebbe difeso l'acqua. Sono contadini, vivono della terra e dell'acqua e
privarli di questi due elementi significherebbe ammazzarli. Ed é per questo che
da venti giorni, a turno, abbandonano le loro terre per venire qui a Cajamarca.
Per loro é una questione di vita o di morte. E lo é anche per noi. Prima o poi
dovremo decidere da che parte stare. Dalla parte della terra o del denaro? Dalla
parte degli sfruttati o degli sfruttatori? Dalla parte della vita o della
morte?
Qui spiegavo a grandi linee cos'è Conga, il progetto contro cui i campesinos stanno protestando: http://umachak.blogspot.com/2012/04/non-e-tutto-loro-quello-che-luccica.html
Per conoscere un po' la
situazione leggete il post di Chiara: http://www.alpiande.blogspot.com/
E per chi conosce lo spagnolo
consiglio un giro su questi siti:
CONGA NO VA! EL PUEBLO NO SE RINDE!